Al via domani Villa Torlonia Arte | Paolo Ventura _ Racconti immaginari

San Mauro Pascoli, 29 giugno 2021 – Il percorso di sviluppo dell’attività culturale di Villa Torlonia – Parco Poesia Pascoli, si arricchisce di un ulteriore segmento: Villa Torlonia ARTE.

L’iniziativa nasce grazie alla collaborazione fra Coop. Atlantide e Coop. Sillaba, impegnate insieme al Comune di San Mauro Pascoli nel promuovere la crescita e l’offerta culturale di Villa Torlonia.

Dunque dopo il Museo Multimediale della Poesia e l’attività teatrale nella Corte e in Teatro, ecco avviato anche il percorso dedicato all’arte.

La splendida Sala delle Tinaie diventa quindi una vera e propria galleria d’arte, accogliendo in mostra per l’estate 2021 le nuove opere pittoriche di Paolo Ventura di “War and Flowers”. In esposizione anche alcuni fra i celebri e incantevoli racconti fotografici, come ad esempio “Il suonatore di trombone” o “Lo Zuavo scomparso”, vere e proprie sequenze oniriche e poetiche.

L’iniziativa è resa possibile grazie alla fondamentale collaborazione di Danilo Montanari Editore di Ravenna e grazie al supporto di Gruppo IVAS che, con questo intervento nel segno della cultura e del colore, intende ricordare Werther Colonna, sempre attento nel sostenere lo sviluppo pubblico delle politiche culturali nel nostro territorio.

La straordinaria esposizione di Paolo Ventura, si sviluppa addirittura in una sorta di duplice sezione, infatti in occasione del festival cinematografico “I luoghi dell’anima”, dedicato a Tonino Guerra, il MUSAS di Santarcangelo ospita una specifica esposizione dell’autore.

Un connubio felice fra cultura e territorio, fra poesia e arte, fra San Mauro Pascoli e Santarcangelo.

                                                                                            

WAR AND FLOWERS (2021)

Ho iniziato a dipingere fiori, li raccolgo con le radici intorno al mio studio, ad Anghiari in Toscana. Con le radici e la terra viene su anche la guerra.

Dove raccolgo i fiori, inglesi e tedeschi hanno combattuto nell’estate del 1944, per mesi si sono scannati su queste colline. Hanno lasciato dietro di loro munizioni, scarpe, bombe e morti. La terra li ha assorbiti, avvolti, arrugginiti.

Quando raccolgo i fiori viene su anche la guerra.

IL SUONATORE DI TROMBONE (2018)

Una narrazione per immagini che l’artista ha creato mescolando realtà e finzione. L’intero racconto è composto di dieci opere a tecnica mista e collage, in cui fotografia e pittura si fondono insieme dando luogo a scenografie suggestive, abitate da misteriosi animali e figure umane in costume. Un carosello di immagini legate a una città immaginaria e a un tempo sospeso, dove un gruppo di donne in abiti da cerimonia sono affascinate dall’ingresso in scena di un suonatore di trombone, unica figura maschile del racconto, interpretata dallo stesso artista.

Il suonatore di trombone è una storia dalle atmosfere oniriche e ambigue, costruita intorno a una casa misteriosa, teatro di una grande festa, nelle vie vuote e silenziose e sui tetti di una metropoli infinita.

 

MORTE E RESSUREZIONE (2018)

Il tema di fondo è la Prima Guerra Mondiale e il racconto inedito di Mario S. e Carlo M., due coscritti che partirono per la guerra da Arco. Il talento di Ventura nella sperimentazione di varie tecniche narrative emerge dall’utilizzo di immagini fotografiche, pittoriche e anche modellistiche.

Il suo racconto travalica la fotografia, vuole narrare l’irrazionale attraverso immagini evocative e dare una dinamicità al racconto per mezzo di una sequenza. La rappresentazione di questa storia di soldati, Mario e Carlo, risulta formalmente asettica ma è proprio tale aspetto a veicolare il terribile massacro di uomini che c’è stato.

Si muovono come automi e percorrono la scena del proprio destino. I loro volti rappresentano l’incredulità di ciò che vivono, in una sorta di stupefazione metafisica, immortalata nella tragedia.

 

 

LO ZUAVO SCOMPARSO (2012)

Ventura entra a Roma nei panni di uno zuavo scomparso, passeggiando sotto un cielo carico di nuvole e in una città dove l’elemento reale si mescola alle sue ricostruzioni. Così commenta il suo lavoro Paolo Ventura, a proposito del tema della scomparsa e della scelta di un personaggio così particolare come è lo zuavo: “A me fisicamente non interessa di scomparire. Però mi affascina molto la scomparsa fisica, da Ettore Majorana a Federico Caffè. La scomparsa è straordinaria perché lascia aperto tutto. Sì, mi piaceva l’idea di avere qualcuno che scompariva. Lo Zuavo, l’ho scelto innanzitutto perché è una figura senza tempo, nel senso che fa parte per me di quelle figure come i preti, i carabinieri che hanno ottenuto, nel loro non cambiare, il fatto che li puoi mettere in qualsiasi luogo, in qualsiasi tempo e non cambiano. Hanno questi abiti che diventano dei costumi, come i clown. Mi piacciono queste figure che vivono un non tempo”. Nei suoi non tempi Ventura racconta attraverso la costruzione di complessi rapporti realtà/finzione, si prende tutte le libertà che questo rapporto gli permette. E alla fine spiega: “Io tendo sempre a non enfatizzare troppo il fatto che sia finto, cioè mi interessa dirlo e fare vedere come lo costruisco, però per me l’idea è poi il risultato… che sia finto, che sia vero non è importante… importante è la suggestione che ti crea. Anche perché, per fortuna, il senso della fotografia si sta perdendo completamente, il punto è il risultato”.

 

 

Paolo Ventura è nato a Milano nel 1968. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 1989 al 1991.
Il suo lavoro è stato largamente esposto in Italia e all’estero, compresa la 54 Biennale di Venezia. Le sue fotografie fanno parte di prestigiose collezioni pubbliche e private, fra cui Museum of Fine Art, Boston; The Library of Congress, Washington; Maison Europèenne de la Photographie, Parigi; Museo Fortuny, Venezia e il Museo d’Arte Contemporanea di Roma MACRO.
Dopo aver vissuto e lavorato per diversi anni a New York, nel 2010 Ventura si trasferisce ad Anghiari, un piccolo paese della Toscana dove attualmente vive e lavora.

 

“Io lavoro sulla memoria ma in realtà ho a che fare più con la fantasia e l’immaginazione, perché la memoria ha già una sua struttura, e a me non serve quella struttura, né mi interessa. Non mi interessa ricreare mondi passati come se fossi davvero stato negli anni 50 a Milano. Mi interessa invece prendere un’atmosfera e costruirci sopra con la fantasia. Perché certe atmosfere ci sono ma poi in realtà non sono così, sono dei mondi contradditori in cui le epoche si contraddicono a vicenda. Più che rifare un mondo che è già esistito, preferisco inventarne un altro, che non ho visto. Il fatto di ambientarlo nel passato mi da’ la libertà di raccontare storie in modo meno preciso. Sono più libero, ci sono meno compromessi perché costruisco un passato che diventa una scatola in cui mettere i miei oggetti, ed è molto comodo. E non vuol dire che sono nostalgico né romantico. Costruisco un altro mondo che è il mio mondo, perché non c’è dubbio che il mio mondo si è nutrito di certe immagini! Da qualcosa si deve partire per costruire un mondo immaginario.” P. Ventura


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